Jessie Marion King
Sara Balzerano

Carola Pignati

 

Le fate esistono. E chi non ci crede, chi pensa che queste creature magiche non siano reali, può tranquillamente interrompere qui la lettura e non proseguire oltre. Perché se c’è una costante, una matrice che sempre ha regolato l’arte e lo spirito di Jessie Marion King, questa è proprio l’incanto pescato e attinto dal “piccolo popolo”. Con esso ha dato materia all’invisibile, dipinto e cucito sogni fatti a mano e traghettato nella realtà l’onirico e il fiabesco.

E non è un caso, no.

Jessie Marion King alle fate credeva davvero, tanto da poter comunicare con loro. Si dice che avesse la seconda vista, che potesse vederle. Lei stessa racconta di averne sentito il tocco, quando, da adolescente, un pomeriggio si era addormentata sulle colline di Argyll. Una chiamata, forse. Un incarico o una presa di responsabilità. Fatto è che, in ogni opera che ha creato, si scorge, netto ed evanescente, il sospiro del Sidhe. E se si pensa al numero enorme di suoi lavori, dalle illustrazioni dei libri per l’infanzia agli ex libris, dai biglietti d'auguri a costumi, tessuti, gioielli, murales e ceramiche, si può affermare, con la certezza propria delle fiabe, che ella ha rappresentato il punto di incontro tra i due mondi, un solstizio fatto di arte, tradizione e contaminazione, dove ogni tratto, pensato e realizzato, nasce dal talento, dallo studio e dalla fede.

Ultima di quattro sorelle, King nacque nella parrocchia di New Kilpatrick, a Bearsden, sobborgo di Glasgow, nel Dunbartonshire, il 20 marzo 1875. Suo padre, James Waters King, era un ministro della Chiesa di Scozia; sua madre, Mary Anne Anderson, una donna profondamente religiosa, rigida nei comportamenti e nella mentalità, tanto che la figlia era costretta a nasconderle i propri disegni per evitare che lei glieli strappasse. Ciò che Jessie non ebbe dalla madre, lo ricevette dalla governante, che l’ha cresciuta e incoraggiata nel perseguire quella che, fin dall’infanzia, appariva come un’innata capacità. E chissà che la donna, per intrattenere la piccola, non le abbia raccontato storie e leggende della tradizione delle Highlands. Come figlia di un uomo di Chiesa, ricevette l’istruzione tipica delle classi alte, senza, però, avere le medesime opportunità che la ricchezza dava, senza alcun merito, all’aristocrazia. Dovette, dunque, tracciare da sé la propria strada. Una strada che iniziò al Queen Margaret College di Glasgow per formarsi come docente d’arte.

King, però, non voleva insegnare arte. Voleva farla. Voleva crearla. E fu per questo che decise, contro il parere dell’intera famiglia questa volta, di inscriversi alla Glasgow School of Art, la migliore istituzione artistica di tutta la Gran Bretagna, diretta, a quel tempo, da Francis Newbery. Newbery, che pure non andò mai troppo d’accordo con Jessie, aveva una mente aperta all’innovazione e al cambiamento. E, cosa forse strana per un uomo dell’epoca vittoriana, credeva molto nelle donne e nel loro lavoro, tanto da impiegare diverse insegnanti, tra cui sua moglie Jessie Newbery, proprio nei corsi dell’istituto. I docenti e le docenti erano più artisti praticanti che maestri d’arte certificati. Fondò un club artistico che permetteva agli/alle studenti di uscire dal corso della scuola d'arte nazionale. La sua idea era quella di garantire una formazione nelle tecniche proprie della tradizione, così da far sviluppare, per ciascun individuo, un talento che fosse unico e completo. Ed è proprio nello studio di queste tecniche artigianali che King si è impegnata all’inizio della sua esperienza nella scuola, in particolare nella decorazione e rilegatura dei libri, senza avere, però, particolare successo. Fu solo quando cominciò a dedicarsi all’illustrazione, sperimentando e affinando la linea e il tratto, che il suo talento esplose, grazie a una tecnica fatta di bidimensionalità, linea flessuosa, forma elegante e dettagliata.

Nel 1898 partecipò all’annuale concorso di South Kensington, assicurandosi la medaglia d’argento. Era, questa, una finestra sul mondo artistico europeo di grande importanza e, infatti, fu da qui che si spalancarono per lei le porte del panorama artistico internazionale. Iniziò a ricevere commissioni dalla casa editrice berlinese Globus Verlag, per poi partecipare, a Torino, nell’aprile del 1902, alla Prima esposizione internazionale d'arte decorativa moderna con due opere nella sezione della Glasgow School: un paravento progettato da George Logan e impreziosito dai suoi disegni e la rilegatura di un libro realizzata in oro su pergamena bianca, L’Evangile de l’Enfance, che le farà vincere il primo premio. A partire da questo momento, le commissioni come illustratrice si susseguirono in maniera impressionante. Tra tutte forse la più importante fu quella di La difesa di Ginevra e altri poemi, una raccolta di poesie di William Morris, pubblicata per la prima volta nel 1858. In essa, King si ispirò soprattutto all’artista Aubrey Vincent Beardsley che tanto aveva attinto dallo stile giapponese. Ma, soprattutto, inserì tutto ciò che era e in cui credeva: le leggende medievali, la tradizione folkloristica, il mito e i racconti del ciclo bretone. Le immagini, perfettamente dettagliate, sono inserite in intricate decorazioni naturalistiche, con rose, uccelli, foglie, stelle e petali. Gli stessi fili di rose e di stelle, di rondini in picchiata e di gigli delicati compongono le cornici delle pagine. Jessie King si è occupata anche della rilegatura — in tela rosso scuro con, sul piatto anteriore, la figura di una Ginevra in oro con le braccia tese dentro un'aureola di stelle — e del littering, attingendo allo stile di Jessie Rowat Newbery proveniente dalle iscrizioni delle lapidi del XVII secolo.

Chiamata a insegnare alla Glasgow School of Art nel dipartimento della decorazione del libro conobbe il suo futuro marito, il pittore e designer Earnest Archibald Taylor. I due si sposarono nel 1908, si trasferirono a Stanford — dove nacque la figlia Merle— ma nel 1910 decisero di spostarsi a Parigi. Qui, con l’intenzione di fermarsi definitivamente, fondarono a Montmartre lo Sheiling Atelier, una scuola di arti decorative. Nella capitale francese, Jessie Marion King subì un cambiamento decisivo: ispirata dall’artista russo Léon Bakst, introdusse per la prima volta il colore nelle proprie illustrazioni. Una svolta importantissima, visibile in tutta la sua bellezza, nel lavoro fatto su La casa dei melograni, una raccolta di racconti dello scrittore Oscar Wilde, ripubblicata in questa nuova veste nel 1915. Nonostante l’idea iniziale, allo scoppio della Prima guerra mondiale, King e Taylor decisero di tornarsene in Scozia. Si stabilirono a Kirkcudbright, un piccolo villaggio di pescatori che il pittore E. A. Hornel aveva trasformato in comunità di artisti. Qui, Jessie iniziò a dedicarsi alla decorazione della ceramica, al disegno di gioielli per l'azienda londinese Liberty, alla stampa di tessuti, alla realizzazione di abiti e di murales, dando vita a quel profilo di artista assoluta che oggi il mondo conosce. Risale a questo periodo Come Cenerentola riuscì ad andare al ballo, un piccolo libro sul batik, una tecnica indonesiana di tintura del tessuto, composto da accurate spiegazioni e attente illustrazioni. Cenerentola, finalmente, senza aspettare nessuna madrina, fatina o aiuto da chicchessia, senza compromessi o ricatti, utilizza il batik per farsi da sola il proprio vestito e andare al ballo. Quasi a dire che l’arte e la conoscenza sono gli strumenti attraverso i quali le donne possono finalmente acquisire l’indipendenza e il controllo sulla propria vita.

Jessie Marion King morì a Kirkcudbright il 3 agosto del 1949. Fu una donna libera e sognatrice; un’artista completa e visionaria. Aveva un grande acume e una pura abilità nel disegno che le hanno permesso di spaziare nella tecnica e nel materiale senza mai inficiare, però, le qualità altissime dei suoi lavori. Divenne internazionale, non soltanto perché durante la sua esistenza ricevette commissioni da tutto il mondo che le permisero di esibire le sue opere in Europa, in America e in India. Fu internazionale soprattutto perché ebbe la profonda capacità e intelligenza di attingere ispirazione da innumerevoli luoghi e tradizioni: dalla Scozia alla Russia; dal Giappone all’Italia, da Léon Bakst a Sandro Botticelli. Illustrò il magico e l’onirico. E dimostrò, infine, che le fate esistono davvero.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

Les fées existent. Et ceux qui n’y croient pas, ceux qui pensent que ces créatures magiques ne sont pas réelles, peuvent tranquillement arrêter ici leur lecture et ne pas aller plus loin. Car s’il y a une constante, une matrice qui a toujours guidé l’art et l’esprit de Jessie Marion King, c’est bien l’enchantement puisé et inspiré par le “petit peuple”. Avec lui, elle a donné forme à l’invisible, peint et cousu des rêves faits main, et transporté dans la réalité l’onirique et le féerique.

Et ce n’était pas un hasard, non.

Jessie Marion King croyait réellement aux fées, au point de pouvoir communiquer avec elles. On disait qu’elle possédait la seconde vue, qu’elle pouvait les voir. Elle-même racontait qu’elle avait senti leur contact, lorsqu’un après-midi, adolescente, elle s’était endormie sur les collines d’Argyll. Un appel, peut-être. Une mission ou une prise de responsabilité. Toujours est-il que, dans chaque œuvre qu’elle a créée, on perçoit, nette et évanescente, la respiration du Sidhe. Et si l’on pense au nombre impressionnant de ses travails, des illustrations pour livres d’enfance aux ex-libris, des cartes de vœux aux costumes, tissus, bijoux, fresques et céramiques, on peut affirmer, avec la certitude propre aux contes de fées, qu’elle a représenté le point de rencontre entre deux mondes: un solstice fait d’art, de tradition et de métissage, où chaque trait, pensé et réalisé, naît du talent, de l’étude et de la foi.

Dernière de quatre sœurs, King est née dans la paroisse de New Kilpatrick, à Bearsden, banlieue de Glasgow, dans le Dunbartonshire, le 20 mars 1875. Son père, James Waters King, était ministre de l’Église d’Écosse; sa mère, Mary Anne Anderson, une femme profondément religieuse, rigide dans ses comportements et sa mentalité, au point que sa fille devait cacher ses dessins pour éviter qu’elle ne les déchire. Ce que Jessie ne recevait pas de sa mère, elle l’a trouvé chez sa gouvernante, qui l’a élevée et encouragée à poursuivre ce qui, dès l’enfance, apparaissait comme un don inné. Et qui sait si cette femme, pour divertir la petite, ne lui avait pas raconté des histoires et légendes de la tradition des Highlands. Fille d’un homme d’Église, elle a reçu une éducation typique des classes sociales élevées, sans cependant bénéficier des mêmes opportunités que la richesse offrait, sans mérite, à l’aristocratie. Elle a donc dû tracer elle-même son propre chemin.Un chemin qui a commencé au Queen Margaret College de Glasgow, où elle a étudié pour devenir enseignante d’art.

Mais King ne voulait pas enseigner l’art. Elle voulait la faire. Elle voulait la créer. Et c’est pour cette raison qu’elle a décidé, cette fois contre l’avis de toute sa famille, de s’inscrire à la Glasgow School of Art, la meilleure institution artistique de toute la Grande-Bretagne, dirigée à l’époque par Francis Newbery. Newbery, bien qu’il n’ait jamais vraiment bien accordé avec Jessie, avait un esprit ouvert à l’innovation et au changement. Et, chose peut-être étrange pour un homme de l’époque victorienne, il croyait profondément aux femmes et à leur travail, au point d’engager plusieurs enseignantes, dont sa femme Jessie Newbery, dans les cours de l’institut. Les enseignants étaient davantage des artistes pratiquants que des professeurs certifiés. Il a fondé un club artistique qui permettait aux étudiants de sortir du cursus national de l’école. Son idée était de garantir une formation dans les techniques traditionnelles, afin de développer chez chaque individu un talent unique et complet. Et c’est justement dans l’étude de ces techniques artisanales que King s’est investie au début de son parcours à l’école, en particulier dans la décoration et la reliure de livres, sans toutefois obtenir un succès particulier. Ce n’est qu’en se consacrant à l’illustration, en expérimentant et en affinant sa ligne et son trait, que son talent a véritablement explosé, grâce à une technique faite de bidimensionnalité, de lignes souples, de formes élégantes et détaillées.

En 1898, elle a participé au concours annuel de South Kensington, où elle a remporté la médaille d’argent. Ce concours représentait une vitrine importante sur le monde artistique européen. Et en effet, c’est à partir de ce moment que les portes du panorama artistique international se sont ouvertes pour elle. Elle a commencé à recevoir des commandes de la maison d’édition berlinoise Globus Verlag, puis elle a participé, à Turin en avril 1902, à la Première Exposition Internationale d’Art Décoratif Moderne avec deux œuvres dans la section de la Glasgow School: un paravent conçu par George Logan et enrichi de ses dessins, et la reliure d’un livre réalisée en or sur parchemin blanc, L’Évangile de l’Enfance, qui lui a valu le premier prix. À partir de ce moment, les commandes d’illustrations se sont succédées de façon impressionnante. Parmi toutes, peut-être la plus importante fut celle pour La Défense de Guenièvre et autres poèmes, un recueil de poèmes de William Morris publié pour la première fois en 1858. Dans ce projet, King s’est inspirée principalement de l’artiste Aubrey Vincent Beardsley, qui avait lui-même beaucoup emprunté au style japonais. Mais surtout, elle a intégré tout ce qu’elle était et en quoi elle croyait : les légendes médiévales, la tradition folklorique, le mythe et les récits du cycle breton. Les images, finement détaillées, s’insèrent dans des décorations naturalistes complexes, avec des roses, des oiseaux, des feuilles, des étoiles et des pétales. Les mêmes fils de roses et d’étoiles, d’hirondelles plongeantes et de lys délicats forment les cadres des pages. Jessie King a également conçu la reliure — en toile rouge foncé, avec sur la couverture l’image dorée d’une Guenièvre aux bras tendus dans une auréole d’étoiles — ainsi que le lettrage, s’inspirant du style de Jessie Rowat Newbery, issu des inscriptions des pierres tombales du XVIIe siècle.

Appelée à enseigner à la Glasgow School of Art dans le département de décoration du livre, elle a rencontré son futur mari, le peintre et designer Earnest Archibald Taylor. Ils se sont mariés en 1908, se sont installés à Stanford, où leur fille Merle est née, mais en 1910 ils ont décidé de partir à Paris. Là, avec l’intention de s’y établir définitivement, ils ont fondé à Montmartre le Sheiling Atelier, une école d’arts décoratifs. Dans la capitale française, Jessie Marion King a connu une transformation décisive : inspirée par l’artiste russe Léon Bakst, elle a introduit pour la première fois la couleur dans ses illustrations. Un tournant majeur, visible dans toute sa splendeur dans son travail sur La maison des grenades, un recueil de nouvelles de Oscar Wilde, réédité dans cette nouvelle version en 1915. Malgré leur projet initial, à l’éclatement de la Première Guerre mondiale, King et Taylor ont décidé de retourner en Écosse. Ils se sont installés à Kirkcudbright, un petit village de pêcheurs que le peintre E. A. Hornel avait transformé en communauté artistique. Là, Jessie a commencé à se consacrer à la décoration de céramique, à la conception de bijoux pour la maison Liberty à Londres, à l’impression de tissus, à la création de vêtements et de fresques, donnant naissance à ce profil d’artiste totale que le monde connaît aujourd’hui. C’est de cette époque que date Comment Cendrillon est allée au bal, un petit livre sur le batik, une technique indonésienne de teinture textile, composé d’explications précises et d’illustrations soignées. Cendrillon, enfin, sans attendre de marraine, de fée ou d’aide quelconque, sans compromis ni chantage, utilise le batik pour se confectionner elle-même sa robe et aller au bal. Comme pour dire que l’art et la connaissance sont les outils à travers lesquels les femmes peuvent enfin acquérir leur indépendance et le contrôle de leur vie.

Jessie Marion King est morte à Kirkcudbright le 3 août 1949. Elle fut une femme libre et rêveuse ; une artiste complète et visionnaire. Elle possédait une grande perspicacité et une pure habileté dans le dessin qui lui ont permis d’explorer les techniques et les matériaux sans jamais compromettre la qualité exceptionnelle de ses œuvres. Elle est devenue une figure internationale, non seulement parce qu’elle a reçu, au cours de sa vie, des commandes du monde entier, lui permettant d’exposer en Europe, en Amérique et en Inde, mais surtout parce qu’elle avait cette capacité et cette intelligence profondes de puiser son inspiration dans d’innombrables lieux et traditions : de l’Écosse à la Russie, du Japon à l’Italie, de Léon Bakst à Sandro Botticelli. Elle a illustré le magique et l’onirique. Et elle a prouvé, enfin, que les fées existent vraiment.


Traduzione spagnola

Graziana Santoro

Las hadas existen. Quien crea que estas criaturas mágicas no son reales puede, sin pensárselo, dejar de leer y no continuar más allá. Y esto porque, si hay una constante, una matriz que siempre ha regulado el arte y el espíritu de Jessie Marion King, se encuentra exactamente en el encanto sacado y extraído del "pequeño pueblo’’. Fue capaz de dar luz lo invisible, y de pintar y coser a mano los sueños, de trasladar lo onírico y el cuento a la realidad.

Y no era una casualidad, no.

Jesse Marion King creía con toda su alma en las hadas, y por eso era capaz de comunicar con ellas. Se rumorea que ella tenía la segunda visión, que le permitía verlas. Ella misma decía haber sentido su toque cuando era joven, una tarde durante la cual se hallaba sobre las colinas de Argyll y se quedó dormida. Una llamada, tal vez. Un encargo o una toma de responsabilidad. Lo cierto es que, en cada una de sus obras, se vislumbra, nítido y evanescente, el suspiro del Sidhe. Si se considera el enorme número de sus trabajos, desde las ilustraciones de libros para la infancia hasta los ex libri, pasando por las tarjetas de felicitación, los disfraces, tejidos, joyas, murales y cerámicas, se puede afirmar, con la certeza propia de los cuentos de hadas, que ella representó el punto de encuentro entre dos mundos. Un solsticio hecho de arte, tradición y contaminación, donde cada trazo, pensado y realizado, nace del talento, del estudio y de la fe.

Última de cuatro hermanas, King nació el 20 de marzo del 1875, en la parroquia de New Kilpatrick, en Bearsden, una zona residencial en Glasgow, que se halla en Dunbartonshire. Su padre, James Waters King, era ministro de la iglesia escocesa; su madre, Mary Anne Anderson, era una mujer profundamente religiosa, con rigidez en la conducta y mentalidad, lo que obligó a su hija a esconderle sus dibujos para evitar que se los rompiera. Lo que su madre no fue capaz de darle, se lo dio la gobernanta, quien la crió y la alentó a perseguir lo que, desde su niñez, parecía ser una capacidad innata. Ojalá que aquella mujer, con el fin de entretener a la niña, no le hubiese contado historias y leyendas de la tradición de las Tierras Altas. Como hija de un hombre de la Iglesia, recibió la típica instrucción de la clase alta, sin acceso a las mismas oportunidades que la riqueza aseguraba, sin merito, a la aristocracia. Tuvo que encontrar sola su camino. Camino que empezó al Queen Margaret College de Glasgow para formarse como profesora de arte.

Sin embargo, King no quería enseñar arte. Quería realizarlo. Quería crearlo. Por esto decidió, contra la opinión de toda la familia esta vez, matricularse a la Glasgow School of Art, la mejor institución artística de toda Gran Bretaña, dirigida, en aquel momento, por Francis Newbery. Newbery, que nunca se llevó demasiado bien con Jessie, tenía una mente abierta a la innovación y al cambio. Algo quizás extraño para un hombre de la época victoriana, creía mucho en las mujeres y en su labor, tanto que empleó a varias profesoras, incluida su esposa Jessie Newbery, en los cursos del instituto. Los profesores y las profesoras eran más artistas practicantes que maestros de arte certificados. Fundó un club artístico que permitía a los/las estudiantes formarse en el curso de la escuela de arte nacional. Su idea era garantizar una formación en las técnicas propias de la tradición, para que cada individuo desarrollara un talento único y completo. King se comprometió precisamente en el estudio de estas técnicas artesanales al inicio de su experiencia en la escuela, en particular en la decoración y encuadernación de libros, pero sin tener mucho éxito. Su talento explotó solo cuando comenzó a dedicarse a la ilustración, experimentando y perfeccionando la línea y el trazo, gracias a una técnica hecha de bidimensionalidad, línea sinuosa, forma elegante y detallada.

En 1898 participó en el concurso anual de South Kensington, asegurándose la medalla de plata. Esta era una ventana que le permitía asomarse al mundo artístico europeo de gran importancia y, de hecho, a partir de entonces se le abrieron las puertas del panorama artístico internacional. Comenzó a recibir encargos de la editorial berlinesa Globus Verlag, para luego participar a la Primera exposición internacional de arte decorativo moderno en Turín, en abril de 1902, con dos obras en la sección de la Glasgow School: un biombo diseñado por George Logan y embellecido con sus dibujos, y la encuadernación de un libro realizada en oro sobre pergamino blanco, L’Evangile de l’Enfance, que le hará ganar el primer premio. A partir de este momento, los encargos como ilustradora se repitieron de una manera impresionante. Entre todas, quizás la más importante fue la de La defensa de Ginebra y otros poemas, una colección de poesías de William Morris, publicada por primera vez en 1858. Para esta, King se inspiró sobre todo en la artista Aubrey Vincent Beardsley, quien había tomado mucho del estilo japonés. Pero, sobre todo, incluyó todo lo que era y en lo que confiaba: las leyendas medievales, la tradición folclórica, el mito y los relatos del ciclo bretón. Las imágenes, perfectamente detalladas, están insertadas en intrincadas decoraciones naturalistas con rosas, pájaros, hojas, estrellas y pétalos. Los mismos hilos de rosas y estrellas, de golondrinas en picada y de lirios delicados componen los marcos de las páginas. Jessie King también se encargó de la encuadernación –en tela rojo oscuro con la figura de una Ginebra en oro, en la portada, con los brazos extendidos dentro de un halo de estrellas– y del littering, basándose en el estilo de Jessie Rowat Newbery proveniente de las inscripciones de las lápidas del siglo XVII.

Convocada a enseñar en la Glasgow School of Art en el departamento de decoración de libros, conoció a su futuro esposo, el pintor y diseñador Earnest Archibald Taylor. Los dos se casaron en 1908, se trasladaron a Stanford –en donde nació su hija Merle– pero en 1910 decidieron mudarse a París. Allí, con la intención de quedarse definitivamente, fundaron en Montmartre la Sheiling Atelier, una escuela de artes decorativas. En la capital francesa, Jessie Marion King experimentó un cambio decisivo: inspirada por el artista ruso Léon Bakst, introdujo por primera vez el color en sus ilustraciones. Fue un avance significativo, visible en toda su belleza, en el trabajo realizado sobre La casa de los granados, una colección de cuentos del escritor Oscar Wilde, republicada en esta nueva versión en 1915.A pesar de la idea inicial, al estallar de la Primera Guerra Mundial, King y Taylor decidieron regresar a Escocia. Se establecieron en Kirkcudbright, un pequeño pueblo de pescadores que el pintor E. A. Hornel había transformado en una comunidad de artistas. Allí, Jessie empezó a dedicarse a la decoración de la cerámica, al diseño de joyas para la empresa londinense Liberty, a la impresión de tejidos, a la realización de ropa y murales, dando vida a ese perfil de artista absoluta que todo el mundo hoy conoce. Se remonta a ese período Cómo Cenicienta logró irse al baile, un pequeño libro sobre el batik, una técnica indonesia de teñido de telas, compuesto por explicaciones precisas e ilustraciones cuidadosas. Cenicienta, finalmente, sin esperar a ninguna madrina, hada o ayuda de quien sea, sin compromisos ni chantajes, utiliza el batik para hacerse su propio vestido e irse al baile; como si quisiera decir que el arte y el conocimiento son las herramientas a través de las cuales las mujeres pueden finalmente adquirir la independencia y el control sobre sus propias vidas.

Jessie Marion King murió en Kirkcudbright el 3 de agosto de 1949. Fue una mujer libre y soñadora; una artista completa y visionaria. Tenía una gran agudeza y una habilidad pura en el dibujo, estas le permitieron abarcar diversas técnicas y materiales sin comprometer nunca la altísima calidad de sus obras. Ella devino ‘mundial’, no solo porque durante su vida recibió encargos de todo el mundo que le permitieron exhibir sus obras en Europa, América e India. Fue ‘mundial’ sobre todo porque tuvo la profunda capacidad e inteligencia de tomar inspiración de innumerables lugares y tradiciones: desde Escocia hasta Rusia; desde Japón hasta Italia, de Léon Bakst a Sandro Botticelli. Ilustró lo mágico y lo onírico. Y por fin, demostró que las hadas existen de verdad.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

Fairies exist. And those who do not believe it, those who think that these magical creatures are not real, can safely stop reading here and go no further. For if there is a constant, a matrix that has always governed Jessie Marion King's art and spirit, it is precisely the enchantment fished out and drawn from the “little people.” With it she has given substance to the invisible, painted and sewn handmade dreams and ferried the dreamlike and the fairy-tale into reality.

And this is no accident, no.

Jessie Marion King really believed in fairies, so much so that she could communicate with them. It is said that she had second sight, that she could see them. She herself says she felt their touch when, as a teenager, she had fallen asleep one afternoon in the hills of Argyll. A calling, perhaps. An assignment or a taking on of responsibility. The fact is that, in every work she created, one glimpses, sharp and evanescent, the sigh of the Sidhe. And if one thinks of the enormous number of her works, from children's book illustrations to ex libris, from greeting cards to costumes, textiles, jewelry, murals and ceramics, one can say, with the certainty proper to fairy tales, that she represented the meeting point between the two worlds, a solstice made of art, tradition and contemplation, where every stroke, thought out and made, was born of talent, study and faith.

The last of four sisters, King was born in the parish of New Kilpatrick, in Bearsden, a suburb of Glasgow, Dunbartonshire (Scotland), on March 20, 1875. Her father, James Waters King, was a Church of Scotland minister. Her mother, Mary Anne Anderson, was a deeply religious woman, rigid in behavior and mentality, so much so that her daughter was forced to hide her drawings from her lest she snatch them away. What Jessie did not get from her mother, she received from the family housekeeper, who raised her and encouraged her to pursue what, from childhood, appeared to be an innate ability. And who knows whether the woman, to entertain the little girl, told her stories and legends of Highland lore. As the daughter of a clergyman, she received the education typical of the upper classes, without, however, having the same opportunities that wealth gave, without merit, to the aristocracy. She had, therefore, to chart her own path. A path she began at Queen Margaret College in Glasgow to train as an art lecturer.

King, however, did not want to teach art. She wanted to make it. She wanted to create it. And that was why she decided, against the advice of her entire family this time, to enroll in the Glasgow School of Art, the finest art institution in all of Britain, directed, at that time, by Francis Newbery. Newbery, who also never got along too well with Jessie, had an open mind to innovation and change. And, perhaps oddly for a man of the Victorian era, he believed so much in women and their work that he employed several teachers, including his wife Jessie Newbery, in the courses at the institute. The lecturers and teachers were more practicing artists than certified art masters. He founded an art club that allowed students to get out of the national art school class. His idea was to ensure training in the techniques proper to the tradition, so that each individual would develop a talent that was unique and complete. And it was in the study of these craft techniques that King engaged at the beginning of her time at the school, particularly in book decoration and binding, without, however, having any particular success. It was only when she began to devote herself to illustration, experimenting and refining line and stroke, that her talent exploded, thanks to a technique made up of two-dimensionality, supple line, and elegant and detailed form.

In 1898 she participated in the annual South Kensington competition, securing the silver medal. It was a window of great importance to the European art world and it was from there that the doors to the international art scene opened wide for her. She began to receive commissions from the Berlin publishing house Globus Verlag, and then participated, in Turin, in April 1902, in the First International Exhibition of Modern Decorative Art with two works in the Glasgow School section - a screen designed by George Logan and embellished with her drawings, and the binding of a book done in gold on white vellum, L'Evangile de l'Enfance, which won her first prize. From this time on, commissions as an illustrator followed impressively. Of all of them perhaps the most important was for The Defense of Geneva and Other Poems, a collection of poems by William Morris, first published in 1858. In it, King was inspired primarily by the artist Aubrey Vincent Beardsley, who had drawn so much from the Japanese style. But, above all, she inserted all that she was and believed in - medieval legends, folk lore, myth, and tales from the Breton cycle. The perfectly detailed images are embedded in intricate naturalistic decorations, with roses, birds, leaves, stars and petals. The same strands of roses and stars, swooping swallows and delicate lilies make up the frames of the pages. Jessie King was also responsible for the binding - in dark red cloth with, on the front plate, the figure of a Guinevere in gold with outstretched arms within a halo of stars - and the littering, drawing in Jessie Rowat Newbery's style from 17th-century tombstone inscriptions.

Called to teach at the Glasgow School of Art in the book decoration department she met her future husband, painter and designer Earnest Archibald Taylor. The two married in 1908, moved to Stanford - where daughter Merle was born - but in 1910 decided to move to Paris. Here, intending to stay permanently, they founded the Sheiling Atelier, a school of decorative arts, in Montmartre. In the French capital, Jessie Marion King underwent a decisive change: inspired by the Russian artist Léon Bakst, she introduced color into her illustrations for the first time. A most important change, visible in all its beauty, in the work done on The House of Pomegranates, a collection of short stories by the writer Oscar Wilde, republished in this new guise in 1915. Despite the initial idea, at the outbreak of World War I, King and Taylor decided to return to Scotland. They settled in Kirkcudbright, a small fishing village that the painter E. A. Hornel had turned into an artists' community. Here, Jessie began to devote herself to decorating pottery, designing jewelry for the London firm Liberty, printing textiles, making clothes and murals, creating the absolute artist profile the world knows today. Dating from this period is How Cinderella Was Able to Go to the Ball, a small book on batik, an Indonesian technique of dyeing fabric, consisting of careful explanations and similarly careful illustrations. In the book, Cinderella finally, without waiting for any godmother, fairy or help from anyone, without compromise or blackmail, uses batik to make her own dress and go to the ball. As if to say that art and knowledge are the tools through which women can finally gain independence and control over their lives.

Jessie Marion King died in Kirkcudbright on August 3, 1949. She was a free woman and dreamer - a complete and visionary artist. She had a great acumen and sheer skill in drawing that allowed her to range in technique and material without ever detracting, however, from the very high qualities of her work. She became internationally known, not only because during her lifetime she received commissions from all over the world that enabled her to exhibit her works in Europe, America and India. She was international above all because she had the profound ability and intelligence to draw inspiration from countless places and traditions - from Scotland to Russia, from Japan to Italy, from Léon Bakst to Sandro Botticelli. She illustrated the magical and the dreamlike. And she proved, finally, that fairies do exist.